Forgotten Sons

storie di basket

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    the rebound machine

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    Kevin McHale, i Celtics e... Milano

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  5. thedream2
     
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    Dio bon Guy, quanti ricordi.....Mchale, Bird, the doctor.
    Anni 80, le partite su italia uno con Peterson....smettila Guy senno mi vien da piangere :cry:
     
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    Gli uomini che fecero il basket
    Storie di campioni in “Forgotten Sons” di Carlo Perotti
    ( Dal Corriere di Como)

    E pensare che tutto nasce sul finire dell’Ottocento dall’intuizione di uno scozzese sbarcato negli Usa che, con due cesti per le pesche e una palla, voleva far stare in moto i suoi atleti anche al chiuso.
    James Naismith, l’inventore del basket, laureato in medicina ed educazione fisica, nel 1891 viene chiamato a insegnare nel freddo New England; il direttore della scuola vuole che i suoi scatenati studenti facciano moto anche d’inverno e Naismith adatta un vecchio gioco medievale, “Duck on the rock”, issando a tre metri d’altezza dei cesti per le pesche dentro cui i giocatori devono buttare una palla di calcio. In un’ora scrive le regole e anche se ogni volta bisogna recuperare la palla con la scala, i ragazzi si divertono un mondo. Il gioco, perfezionato, ci metterà poco a dilagare negli States.
    È una delle tante, fantastiche storie che Carlo Perotti tira fuori dal cilindro del suo Forgotten Sons - Storie di basket da non dimenticare . Cosa sapremmo oggi “de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori” se curiosoni grafomani come il Vasari non ci avessero raccontato aneddoti e imprese di gente come Giotto, Raffaello o Leonardo da Vinci? Nel solco di un’antica usanza, Perotti - giornalista sportivo per “Dailybasket”, conoscitore di tutto quel che di pallacanestro mondiale e nazionale si muove sotto il cielo, nonché tra i massimi esperti in Italia di NCAA dà lustro agli artisti della palla a spicchi restituendoci documentatissime biografie di giocatori e allenatori che hanno fatto grandi imprese, svelandocene il carattere, gli esordi, le grandi partite e i disastri personali. Ma pesca pure nell’Olimpo dei “forgotten”, quei dimenticati che hanno lasciato un segno indelebile per la forza di ricominciare dopo un incidente, per la schiena dritta di fronte alla sfortuna, per le dimostrazioni di coraggio e umanità. Giocatori del calibro di Denis Innocentin “eroe omerico” scomparso troppo presto, protagonista in quella Cantù che dominava in Europa e che Perotti paragona a Gigi Meroni «per il carattere allegro, anticonvenzionale, il buon cuore».
    Tanti i personaggi mitici della storia del basket Usa nei due volumi di “Forgotten Sons”, a cominciare da John Wooden della UCLA, vero e proprio monumento per tutti gli allenatori, le cui regole erano “rendi ogni giorno un capolavoro”, “tratta l’amicizia come un’arte”, “creati un’armatura per i giorni difficili”. Il coach più vincente d’America era un uomo dal profondo rigore morale, qualità che oggi nello sport si vede poco. Divertente e per certi versi paradossale l’avventura canturina di Tom Boswell del quale - scrive Perotti - non sappiamo più nulla. Di certo, nei mesi che a Cantù trascina la squadra a uno scudetto e a una Coppa delle Coppe fa uscire di senno il general manager Lello Morbelli. Fuori dal campo Boswell è difficile da gestire, ma Bianchini lo fa giocare e l’impresa si compie.
     
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